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veraccio!... Tu conosci mia zia Lerat? Quando verrà, fatti contare la storia del frattivendolo che sta dicontro alla sua abitazione... Figurati che questo fruttivendolo.... Giuraddio?

come scotta cotesto fuoco! Bisogna che mi rigiri. Voglio cuocermi il lato sinistro ora.

Mentre presentava il fianco alla fiamma, le venne un’idea burlesca, e, felice di vedersi così paffuta e così rosea nel riflesso delle brage, motteggiò sè stessa bonariamente:

— Eh? sembro un’oca... Oh ecco appunto, un’oca allo spiedo... Giro, giro... In verità sto cuocendo nel mio sugo.

Tornava a ridere allegramente, allorchè si udì un sbattacchiar di porte, ed un rumore di voci. Muffat, sorpreso, l’interrogò con un’occhiata. Ella si rifece seria e parve inquieta.

Era sicuramente il gatto di Zoè, una maledetta bestiaccia che rompeva ogni cosa. Eran le dodici e mezzo.

Che cosa le saltava mai in mente di occuparsi della felicità del suo cornuto. Ora che l’altro era là, bisognava sbarazzarsene, e alla lesta.

— Che dicevi tu? chiese il conte con compiacenza, incantato di trovarla così amabile.

Ma, nel suo desiderio di mandarlo via, cambiando improvvisamente d’umore, essa fu brutale, non misurando più le parole.

— Ah! sì, il frattivendolo e sua moglie... Ebbene! mio caro, essi non si sono mai toccati, nemmeno, tanto così!...

Lei, capisci.. aveva molto trasporto in proposito. Lui, babbeo, non ha saputo... Sicchè, credendola di legno, si rivolse altrove, a delle donnaccie che lo hanno regalato d’ogni sorta d’orrori, mentre lei, dal canto suo, se la godeva a più non posso con dei giovanotti un po’ più esperti di quel citrullo di suo marito... E la succede sempre così, colpa il non intendersi. Lo so bene, io!

Muffat, impallidito, comprendendo finalmente le allusioni, volle farla tacere.

Ma essa era troppo bene avviata.

— No, non mi romper le tasche! Se voi altri non foste dei bestioni, sareste altrettanto amabili colle vostre donne, quanto lo siete presso di noi; e se le vostre mogli non fos-