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sordo rumore, un fracasso di ruote, commisto a schioccar di frusta e ad alte risate. Ad un tratto apparvero cinque carrozze di fila piene così da spezzarne le molle, cinque carrozze rallegrate da uno smagliar di vestiti chiari, rosei ed azzurri.

— Che roba è questa? disse la signora Hugon sorpresa.

Poi sentì, indovinò, mossa a sdegno da quell’invasione della sua strada.

— Oh! quella donna! mormorò. Camminate, camminate: non fate mostra...

Ma non erano più in tempo. Le cinque carrozze che conducevano Nana e la sua compagnia alle rovine di Chamont, s’inoltravano sul ponticello di legno. Fauchery, Daguenet, le signore Muffat, dovettero dare addietro, mentre la signora Hugon e gli altri si fermavano del pari schierati lungo la via.

La sfilata delle carrozze fu stupenda. In esse le risa erano cessate, delle faccie si voltavano con curiosità; si squadravano a vicenda in mezzo ad un silenzio, rotto solo dal trotto cadenzato dei cavalli.

Nella prima carrozza Maria Blond e Tatan Néné, arrovesciate come duchesse, le gonne rigonfie al di sopra delle ruote, avevano sguardi disdegnosi per quelle donne oneste che andavano a piedi. Poi, Gaga occupava un intero sedile, seppellendo sotto di sé la Faloise, del quale non si vedeva che il naso inquieto. Poi venivano Carolina Héquet con Labordette, Lucia Stewart con Mignon ed i suoi figli, e per ultimo, in una vittoria con Steiner, Nana, che sì teneva davanti, su uno sgabello, quel povero gioiello di Zizi, che cacciava le ginocchia fra quelle di lei.

— È l’ultima, non è vero? chiese placidamente la contessa Sabina a Fauchery, fingendo non ravvisare Nana.

La ruota della vittoria la sfiorò quasi, senza ch’essa facesse pur un passo indietro. Le due donne avevano scambiato uno sguardo profondo, uno di quegli esami d’un attimo, completi e definitivi.

In quanto agli uomini furono di un contegno perfetto. Fauchery e Daguenet, gelidi, non ravvisarono alcuno. Il mar-


ZOLA — Nana. 12