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velo sulle spalle. La Tiby, intanto, giravale intorno, col suo aspetto da vecchierella di legno, con occhi chiari e vuoti; pigliando affrettatamente degli spilli sull’inesauribile guancialetto del suo cuore, appuntava la tunica di Venere, toccando con le mani rimprosciuttito, senza commozione, senza ricordo alcuno, come se fosse stata un essere privo di sesso, le morbide nudità di quel vaghissimo corpo.

— Ecco fatto, disse la giovin donna, gettando un’ultima «occhiata nello specchio.

Bordenave ricompariva appunto, inquieto, dicendo che il terzo atto era cominciato.

— Sta bene! vado, riprese. Quante storie! Son sempre io che aspetto gli altri.

I signori uscirono dal camerino, ma non presero commiato, avendo il principe espresso il desiderio di assistere al terzo atto nelle quinte.

Rimasta sola, Nana stupì, si guardò d’intorno.

— O dov’è? chiese.

Cercava Satin. Quando l’ebbe ritrovata dietro la cortina, seduta sul baule, questa rispose, senza scaldarsi:

— Non volevo, certo, disturbarti mentre eri con tutti quegli uomini!

E soggiunse che ormai se ne andava.

Ma Nana la trattenne. Era poco grulla? Poichè Bordenave acconsentiva a prenderla! si combinerebbe l’affare dopo lo spettacolo. «Satin esitava, c’erano troppi impicci; non era affar suo. Tuttavia rimase i

Mentre il principe scendeva la scaletta di legno, un rumore strano, delle bestemmie soffocate, uno scalpiccìo di lotta, di busse scoppiavano dall’altro lato della scena. Era uno scompiglio che allarmava i comici aspettando il loro richiamo.

Da un momento, Mignon aveva ricominciato le sue burle, «colmando Fauchery di carezze. Aveva inventato un giocherello «che consisteva nel dargli dei buffetti sul naso, col pretesto di difenderlo dalle mosche. Naturalmente quella buffonata divertiva assai i comici. Ma all’improvviso, Mignon, spinto troppo oltre dal buon successo, e cedendo ad un volo di fantasìa, aveva assestato al giornalista uno schiaffo, un vero e