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nella sua depravazione, a vedere un principe e dei signori in giubba a code di rondine, mettersi, in compagnia di comici travestiti, intorno ad una donna ignuda, pensava in cuor suo che la gente chic non era po’ poi tanto scrupolosa.

Ma già, nell’andito, s’avviccinava il tintinnìo del campanello di compare Barillot. Quand’ei comparve all’uscio del camerino, restò di sasso, scorgendo i tre attori nel loro costume del secondo atto.

— Oh! signori, signori, balbettò, spicciatevi s’è già suonato nel ridotto...

+— Bah! fe’ placidamente Bordenave, il pubblico aspetterà.

Tuttavia, dopo nuovi saluti, siccome le bottiglie erano vuote i comici andarono a vestirsi, Bosc, avendo intinta la barba nello sciampagna, se l’era tolta, e sotto quella barba venerabile, era improvvisamente comparso il beone, con la sua faccia logora e chiazzata, da vecchio attore dato al vino. Lo sì udì appiè della scala dire a Fontan ed a Prallière, parlando del principe, con la sua voce rauca da bevitor d’acquavite:

— Eh? Che ne dici? L’ho fatto restar di stucco!

Nel camerino di Nana non restavano che sua Altezza, il conte ed il marchese. Bordenave s’era allontanato con Barillot a cui raccomandava di non dare i tre colpi senza avvertir la signora.

— Permettete, signori miei? chiese Nana, che si diò rapidamente a dipingersi la faccia e le braccia, che essa curava sopratutto pel nudo del terz’atto,

Il principe si collocò sul divano, mentre il marchese.di Chouard si sdraiava su d’un seggiolone. Solo il conte Muffat restava in piedi: i due bicchieri di sciampagna, in quel caldo soffocante, li avevano resi più brilli.

La piccola Satin, vedendo quei signori chiudersi in camera con l’amica, aveva stimato discrezione sparir dietro la cortina, ed aspettava lì, sovr’un baule, annoiata. La Tiby, placìda, senza sguardo, senza parola, andava e veniva preparando la tunica di Venere.

— Avete cantato meravigliosamente bene la vostra aria, disse il principe.