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altre... Bisogna accomodarlo subito quel modello.

Durante la scena, Dionisia aveva smesso di guardare nella strada. Pensava che quella doveva essere la signora Aurelia; ma intimorita dalla sgridata, non osava muoversi ed aspettava sempre. Le ragazze, tutte contente di aver messo alle prese la direttrice e la sottodirettrice, eran tornate al loro lavoro, con un’aria di profonda indifferenza. Passò qualche altro minuto, e nessuna aveva ancora la carità di trarre la giovinetta dal suo imbarazzo. Fu la signora Aurelia che finalmente si accorse di lei, e che, meravigliandosi di vederla immobile, le domandò che volesse.

— Scusi; la signora Aurelia?

— Sono io.

Dionisia aveva la bocca asciutta, le mani fredde, presa da una di quelle paure che la coglievano da bambina quando si aspettava, tremando, d’essere picchiata. Balbettò la sua domanda per farsi capire, dové ripeterla. La signora Aurelia la guardava con gli occhi fissi, senza che una ruga della sua faccia da imperatore degnasse muoversi.

— Quanti anni avete?

— Venti, signora.

— Come venti? Non ne dimostrate nemmeno sedici!

Le ragazze alzavan di nuovo la testa: Dionisia si affrettò ad aggiungere:

— Oh! ma son robusta, io!

La signora Aurelia fece una spallucciata. Poi disse freddamente:

— Dio mio! Quanto a mettervi in nota, metterò. Già vi si metton tutte quelle che ven-


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