Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/71


il paradiso delle signore

apparecchio ingegnoso; siccome la signora Lhomme aveva in orrore il frastuono, egli ravvolgeva lo strumento in un panno, contento anche a quel modo dei suoni stranamente sordi che ne traeva. Chiusi lí tutto il giorno, lui, la moglie, il figliuo lo, si può dire ch’egli non avesse famiglia, o almeno nessuno dei conforti della famiglia, e se li cercava nella musica. La musica e il danaro: non conosceva, non sentiva altro; tranne, s’intende, il rispetto che aveva per la moglie.

— Oh! sí, un bonissimo posto... Troppo gentile! — rispose, e gli occhi gli luccicavano.

Il Mouret, che provava un gran piacere a soddisfare le passioni degli altri, regalava qualche volta al Lhomme i biglietti affibbiatigli dalle signore patronesse. E lo fece tutto suo quando gli disse:

— Ah! il Beethoven, ah! il Mozart... Che musica!

Senza aspettare la risposta, se n’andò, e raggiunse il Bourdoncle che stava già per fare il giro delle sezioni. In un cortile interno, chiuso a cristalli, c’era la seta. Tutt’e due seguirono da prima la galleria della Via Nuova di Sant’Agostino, che da un capo all’altro era piena di biancheria. Non videro nulla d’irregolare; passarono lentamente in mezzo ai commessi rispettosi. Poi s’inoltrarono tra le stoffe di Rouen e le cuffie e i berretti, dove l’ordine raggiungeva un grado da non si dire. Ma, nella sezione delle lane, lunla galleria che si prolungava perpendicolare a Via della Michodière, il Bourdoncle ripigliò la sua parte di gran giustiziere, quando vide un giovine seduto su un banco; rotto e sbalordito da una notte passata senza chiudere occhio. E quel giovane, che si chiamava Liénard, figlio di


69