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il paradiso delle signore

sta. Da due anni, la posta cresceva ogni giorno piú. L’ufficio cui da principio era bastata una dozzina d’impiegati, ora non poteva far con meno di trenta. Alcuni aprivan le lettere, altri le leggevano, ai due capi di una stessa tavola; altri poi le ordinavano mettendo su ciascuna un numero d’ordine ch’era ripetuto sopra un casellario. Distribuite le lettere alle diverse sezioni, e saliti su dalle sezioni gli oggetti, questi eran disposti a mano a mano nel casellario seguendo il numero d’ordine. Non occorreva piú altro che riscontrare e imballare, in fondo a una stanza accanto, dove una schiera di operai non facevan dalla mattina alla sera che inchiodare e legare.

Il Mouret domandò al solito:

— Quante lettere, stamattina, Levasseur?

— Cinquecentotrentaquattro rispose il capo dell’ufficio. — Dopo l’apertura di lunedí, ho paura di non aver gente che basti. Ieri non so come facemmo a cavarcela!

Il Bourdoncle tentennò la testa tutto contento. Di martedí, cinquecentotrentaquattro lettere!

non se lo sarebbe mai figurato. Intanto alla tavola gli impiegati aprivano e leggevano con un fruscio continuo di carta sgualcita, mentre davanti al casellario cominciava l’andirivieni degli oggetti. Era quello uno degli uffici piú imbrogliati e piú importanti della casa: c’era la febbre, perché bisognava che le ordinazioni della mattina fossero via via spedite la sera stessa.

— Vi daremo quanta gente vorrete, Levasseur! — rispose finalmente il Mouret: con una occhiata aveva visto che le cose andavano regolarmente. — Quando c’è lavoro e c’è bisogno di uomini, non si dice mai di no.

A tetto, nelle stanzucce, dormivano le addette


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