Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/59


il paradiso delle signore

doncle tutto contento — è stata un’ottima trovata.

— Stanotte ho pensato anche a un’altra cosa aggiunse il Mouret. — Sí, caro mio, stanotte, a cena... Voglio dare agl’impiegati dell’ufficio di diffalco un premio per ogni errore che troveranno nelle fatture, via via che le riscontrano. Cosí potremo star sicuri che non ne lasceranno passare uno; piuttosto ne inventeranno!

Diè in una risata, mentre l’altro lo guardava ammirato. Questo nuovo modo di trarre partito dalla lotta per l’esistenza, lo mandava in sollucchero. Aveva il genio della meccanica amministrativa, e il suo sogno era di ordinare l’azienda in modo da servirsi sempre della avidità degli altri per contentare tranquillamente e pienamente la sua. Quando si vuole (diceva spesso) che la gente metta fuori tutte le sue forze e anche un po’ d’onestà, bisogna prima di tutto metterla alle prese con i suoi bisogni.

— Via, scendiamo! — ripigliò il Mouret. — Bisogna pensare a questa apertura... La seta è arrivata fin da ieri, e il Bouthemont dev’essere a riceverla.

Il Bourdoncle gli tenne dietro. L’ufficio degli arrivi era nei sotterranei, dalla parte di Via Nuova di Sant’Agostino. Là, sulla strada, s’apriva come una gabbia a vetriate, dove i carri scaricavano le mercanzie. Dopo pesate, scivolavano sopra un apparecchio del quale la quercia e le ferrature eran diventate lucide per lo strofinio continuo di fagotti e casse. Da quella botola spalancata entrava ogni sorta di merci: era un ingoiamento incessante, una caduta di stoffe che piovevano giú con fragore di fiume. Specialmente quando la vendita andava a vele gonfie, scivola-


57