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il paradiso delle signore

guardare, mentre faceva da mammina, tra quei due giovinotti, sgridandoli e carezzandoli come bambini. Il Bourdoncle era rimasto da parte, come fosse assorto nella vendita, ma non perdeva di vista la scena.

— Son i vostri fratelli, non è vero? — chiese il Mouret dopo un momento di silenzio.

Aveva la sua voce fredda, quell’aria severa che teneva ora con lei. Dionisia faceva anch’essa uno sforzo per non commuoversi. Non seppe piú sorridere e rispose:

— Sí, signore... Ho dato moglie al maggiore, e la moglie me lo manda per delle compre.

Il Mouret seguitava a guardarli tutt’e tre. Poi riprese:

— Il minore s’è fatto grande. Lo riconosco; mi ricordo d’averlo visto una sera alle Tuileries, con voi.

E la voce gli si abbassava e tremò leggermente. Essa, quasi le mancasse il respiro, si chinò fingendo d’accomodare la cintura a Beppino. I due fratelli sorridevano, arrossendo, al padrone della sorella.

— Vi somigliano, — aggiunse il Mouret.

— Oh! son più belli di me! — esclamò lei.

Parve ch’egli esaminasse i volti; ma non ne poteva piú. Che bene lei voleva a quei suoi fratelli! E fece due o tre passi; poi tornò indietro, e le disse in un orecchio:

— Dopo la vendita, passate da me. Vi voglio parlare, prima che ve n’andiate.

Se n’andò e ricominciò l’ispezione. Era da capo sossopra; si arrabbiava d’averle dato quell’appuntamento. Che diavolo d’effetto gli aveva fatto il vederne i fratelli? Pazzo, se non riusciva piú nemmeno a volere quel che voleva! Già, ba-


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