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Da quando ell’era entrata, il Jouve, ritto presso la porta, non le levava gli occhi d’addosso; lei si voltò, e i loro sguardi s’incontrarono. Poi, movendosi essa, il Jouve la lasciò andare un po’ innanzi, e la seguí da lontano, facendo finta di nulla.

— To’! — disse la Guibal, fermandosi un’altra volta davanti alla prima cassa che trovò, in mezzo alle spinte. — Questa sí, ch’è un’idea gentile! le viole!

Parlava del nuovo premio del Paradiso, un’idea del Mouret, di cui egli faceva parlare tutti i giornali: comprava a Nizza a migliaia mazzolini di viole e li distribuiva a ogni cliente che comprasse qualche cosa.

Accanto a tutte le casse, dei garzoni in livrea erano incaricati della distribuzione, sorvegliati da un ispettore. E a poco a poco la clientela si trovava infiorata, i magazzini s’empivano d’allegria, tutte le donne portavano attorno un acuto profumo di fiori.

— Sí — mormorò la Desforges con voce da cui traspariva la gelosia, — l’idea è buona.

Ma mentre stavano per allontanarsi, sentirono due commessi che scherzavano su quelle viole. Uno, magro ed alto, si meravigliava: era proprio vero dunque che il padrone sposava la direttrice dei vestitini? e un altro, un grassone, rispondeva che non si sapeva, ma che i fiori a ogni modo eran bell’e pronti.

— Come! — disse la De Boves, — il signor Mouret riprende moglie?

— Lo sanno tutti, a quest’ora! — rispose Enrichetta che faceva l’indifferente. — Una volta o l’altra, si sa, ci si casca tutti.

La contessa aveva dato un’occhiata furbesca


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