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zola

faceva tanta ressa diventava la pubblicità vivente, col suo lusso variopinto e dorato da bazar, le sue vetrine larghe in modo da potervisi esporre intero il poema degli abiti muliebri, le sue insegne che si leggevano dappertutto, dipinte, incise, intagliate, dal marmo del pianterreno fino allo zinco del tetto, che nelle bandierole portava il nome del magazzino scritto in lettere campeggianti nell’azzurro del cielo.

Per festeggiare l’inaugurazione, erano stati aggiunti trofei e bandiere; tutti i piani avevano stendardi con armi delle principali città di Francia; e in cima le bandiere dei popoli stranieri inalberate si svolgevano al vento. Per ultimo, giú in basso, l’esposizione della biancheria prendeva in fondo alle vetrine un’intensità di tono che accecava. Soltanto biancheria: un corredo completo ed una montagna di lenzuola a sinistra; tende spiegate e piramidi di fazzoletti, a destra, stancavano gli occhi; e tra la roba pendente dalla porta, tele, mussoline, nastri, fioccanti giú come neve, erano ritti dei fantocci grandi al vero, una sposina e una signora vestita da ballo, tutt’e due coperte di nero, trina e seta, sorridendo dai loro volti dipinti. Un gruppo di curiosi si rinnovava di continuo ed un desiderio saliva dallo stupore della gente.

La curiosità era eccitata anche piú da una disgrazia di cui tutta Parigi parlava, l’incendio delle Quattro Stagioni, il gran magazzino aperto dal Bouthemont vicino all’Opéra non erano tre settimane. I giornali offrivano tutti i particolari sul fuoco nato per una esplosione di gas, nella nottata; la fuga spaventata delle ragazze in camicia, l’eroismo del Bouthemont che ne aveva salvate cinque su le spalle. Del resto le perdite


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