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chiederla per lui. Poi la morte della zia, tutte quelle disgrazie, avevano accasciata la povera figliuola. Il Mouret le aveva ripetuto che quanto avesse fatto lei per lo zio e per gli altri, sarebbe ben fatto; parlarono insieme una mattina ch’ella seppe che il Bourras era stato buttato sul lastrico, e che il Baudu stava per chiudere. Poi, dopo colazione, usci con l’idea di consolare almeno quei due.

In Via della Michodière, il Bourras se ne stava dritto sul marciapiede davanti alla casa da cui l’avevano cacciato il giorno innanzi, con un bel tiro, una trovata del procuratore. Il Mouret aveva cambiali di lui, e aveva ottenuto facilmente il fallimento; poi con cinquecento franchi aveva riscattato l’affitto, nella vendita fatta dal curatore del fallimento: e cosí il vecchio caparbio s’era lasciato prendere per cinquecento franchi ciò che non aveva voluto dare per centomila! Ma l’ingegnere ch’era giunto con gli operai aveva dovuto chiamare le guardie per metterlo fuori. Le merci erano state vendute, le camere smobiliate; lui s’ostinava nel cantuccio dove dormiva e dal quale, per un’ultima pietà, non avevano il cuore di scacciarlo. Gli operai si misero alla fine a scoperchiargli il tetto: levate le lavagne imputridite, i soffitti crollavano, i muri si screpolavano, e il Bourras restava sotto i travicelli scoperti, in mezzo alle rovine. Finalmente le guardie l’avevan fatto andar via. Ma la mattina dopo, era ricomparso sul marciapiede di faccia, dopo aver passato la notte in una camera mobiliata lí vicino.

— Signor Bourras... — disse dolcemente Dionisia.

Non la sentiva nemmeno; i suoi occhi di


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