Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/526


zola

testa all’altezza della lettiga, la gola appoggiata al materasso dove giaceva il marito, si sfogò:

— Oh! se vi raccontassi... Per me, ha cercato di morire! Me lo diceva sempre: «Ho rubato tutto il tuo! il danaro non era mio!». E la notte non faceva che fantasticare su quei sessantamila franchi; si svegliava tutto sudato, diceva che non era buono a nulla, che non sapeva fare, non doveva arrischiare i quattrini degli altri... sapete com’è sempre nervoso, e come si tormenta da sé. Finiva col vedere cose che mi facevan paura; mi vedeva per la strada a mendicare; e mi voleva invece tanto bene, mi desiderava invece ricca, felice...

Ma nel voltarsi lo trovò con gli occhi aperti, e seguitò singhiozzando:

— Amore mio, perché hai fatto cosí?... Mi credi tanto cattiva, dunque? Che me n’importa se siamo rovinati? Basta stare insieme: insieme non saremo infelici... Lascia che si piglino tutto, loro. Lavorerai, e vedrai come si starà bene.

Era caduta con la fronte accanto al viso pallido del marito, e tutt’e due non aprivano bocca piú, nella commozione della loro angoscia. In quel silenzio, la bottega pareva dormisse sotto lo scialbo crepuscolo che la inondava; e dietro la serranda si sentiva il frastuono della strada, la vita del giorno pieno, che passava col rumore dei legni, e la folla dei marciapiedi frettolosa. Finalmente Dionisia, che andava ogni po’ a dare un’occhiata per la porticina sull’atrio della casa, tornò gridando:

— Ecco il medico!

Il portinaio aveva trovato un giovane dagli occhi vivaci. Volle visitare il ferito, prima che


524