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s’era empita di gente; i cocchieri fermati bestemmiavano, degli uomini avevan posato la lettiga davanti all’uscio del magazzino per aprire i due battenti a cristalli.

— Una disgrazia! — continuava Dionisia che voleva nasconderle il tentativo di suicidio. — Era sul marciapiede; è scivolato sotto le ruote d’un omnibus... oh! soltanto i piedi. Si cerca un medico. Non vi spaventate!

Un gran tremito scoteva la Robineau. Mandò due o tre gridi inarticolati; poi non parlò piú, e si buttò accanto alla lettiga di cui aprí le tende con mani tremanti. Gli uomini che avevano portato la lettiga aspettavan davanti la casa per riportarla via, quando fosse arrivato il medico. Non osavano piú toccare il Robineau ch’era tornato in sé e che soffriva atrocemente al piú piccolo moto. Quando vide la moglie, due grosse lacrime gli caddero giú per le gote: lei l’aveva abbracciato stretto stretto, e piangeva guardandolo fisso. Nella via la folla continuava, i visi s’accalcavano come al teatro, con occhi luccicanti; alcune operaie, scappate da un laboratorio, pareva volessero rompere le vetrine per veder meglio. Per sfuggire a quella febbre di curiosità, e sembrandole insieme che non convenisse lasciare aperto il negozio, Dionisia pensò di tirar giú la serranda di ferro. Girò da sé la manovella; il meccanismo stridé quasi in suon di lamento, le lamine scendevano lente come un pesante sipario che cada al termine d’un quinto atto. E quando tornò dentro, ed ebbe richiusa dietro di sé la porticina, vide la Robineau stringersi ancora il marito tra le braccia, perdutamente, nella mezza luce che cadeva dai due occhi tagliati nella serranda metallica. La bottega sem-


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