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zola


Allora risaliva su, e continuava il giro, parlando e agitandosi sempre piú, senza potersi di strarre. Al secondo piano visitava l’ufficio stale, cercando pretesti a sgridate, e arrabbiandosi dentro di sé contro la perfetta regolarità della macchina che aveva egli stesso ordinata.

Quell’ufficio prendeva importanza maggiore di giorno in giorno; non ci volevano meno di duecento impiegati, dei quali alcuni aprivano, leggevano, e ordinavano le lettere venute di provincia o di fuori Stato, e gli altri riunivano nei casellari le merci domandate. Il numero delle lettere era divenuto tale, che non le contavano piú, le pesavano: qualche giorno ce n’erano per trentacinque chilogrammi! Il Mouret traversava febbrilmente le tre stanze dell’ufficio, domanda va al capo, il Levasseur, il peso del corriere venticinque chilogrammi; qualche volta di lunedí trenta chilogrammi; il peso cresceva sempre, ed egli avrebbe dovuto esserne contentissimo.

Ma invece restava serio serio nel rumore che gl’imballatori facevano lí accanto, inchiodando le casse.

Era inutile che percorresse il magazzino. Il pensiero gli restava pur sempre confitto nel cervello: e piú vedeva svolgersi davanti la sua potenza, piú gli uffici e gl’impiegati gli mostravano quanto fosse il lavoro e la ricchezza sua, piú profondamente sentiva l’ingiuria della sua impotenza.

L’Europa intera si volgeva a lui; per portargli le lettere ci voleva una vettura speciale delle poste; e lei continuava a dire di no! sempre di no!

Ridiscendeva e dava un’occhiata alla cassa centrale dove quattro cassieri stavano a guardia


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