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Ma perché gli si rifiutava con tanta ostinaziole offerte, promettendole danaro a manciate. Poi ne? L’aveva supplicata venti volte, aumentando aveva creduto che fosse invece ambiziosa, e le aveva promesso di nominarla direttrice non ap pena una sezione fosse rimasta vacante.

E lei rifiutava, rifiutava ancora! Per lui era uno stupore, una battaglia continua in cui il desiderio sempre piú si accecava. Gli pareva impossibile una tale avventura; doveva finire col cedere, quella giovinetta, perché la onestà di una donna egli l’aveva sempre considerata come relativa. Non scorgeva piú nessun altro scopo alla sua vita; tutto spariva per lui in quel bisogno di tenerla con sé, prendersela sulle ginocchia, baciarla sulle labbra; e, nel pensarci, le vene gli martellavano: si metteva a tremare, agitato dalla sua impotenza a piegarla, domarla.

Tutte le giornate gli passavano ormai in uno stesso pensiero doloroso. L’immagine di Dionisia si alzava con lui. Aveva fantasticato di lei tutta la notte; lei lo seguiva al banco del suo studio, dove dalle nove alle dieci firmava le carte; le firmava meccanicamente, senza mai smettere di sentirla presente, ostinata a dir di no con la sua aria tranquilla.

Poi alle dieci, aveva il Consiglio, un vero Consiglio di ministri, una riunione dei dodici cointeressati, cui bisognava presiedesse: discutevano le questioni d’ordine interno, esaminavano le compre, stabilivano le mostre da fare: e lei era sempre lí, e gli pareva di sentirne la voce dolce, tra le cifre, vedeva quel sereno sorriso negl’imbrogli finanziari piú complicati.

Dopo il Consiglio, lei seguitava ad accompagnarlo, facendo con lui l’ispezione quotidiana


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