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zola

tinua. Era mai possibile che quella ragazza lo torturasse sí stranamente? E gli pareva sempre di vederla come quando era giunta al Paradiso con i suoi scarponi, col vestituccio nero, con l’aria selvaggia. Non sapeva spiccicare due parole; tutti la canzonavano; anche a lui era parsa brutta, da principio. Brutta! ed ora con un’occhiata, lei, se lo poteva far inginocchiare davanti! non la vedeva piú che fra una gloria di raggi. Poi, era rimasta l’ultima del magazzino, derisa e respinta, trattata da lui come una bestia curiosa: per mesi e mesi egli aveva voluto osservare come fan le ragazze a venir su, e ci s’era divertito, a quell’esperienza, senza capire che ci giocava il cuor suo. A poco a poco s’era fatta temibile.

Chi sa che non l’amasse fin dal primo momento, anche quando non credeva sentire per lei che pietà. Eppure se n’era accorto soltanto quella sera, nel passeggiare con lei sotto gl’ippocastani delle Tuileries. La vita gli cominciava di lí; gli pareva ancora di sentire le risate delle bambine, il lontano mormorio di una fontana, mentre nell’ombra tiepida Dionisia gli cammina va accanto silenziosa. Del seguito non si rammentava: la sua febbre era cresciuta gradatamente; tutto il suo sangue, tutto l’animo suo, s’eran dati a costei, a quella bambina. Era possibile? Quando ella gli passava d’accanto, l’alito che spirava dal suo vestito gli pareva cosí forte, che quasi ne barcollava.

Aveva durato un pezzo a resistere: e anche ora qualche volta si arrabbiava con se stesso, e si voleva sottrarre a quello stupido incantesimo.

Che aveva costei per poterlo avvincere cosí? non l’aveva vista senza scarpe ai piedi? non


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