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il paradiso delle signore

diventare padrona assoluta. Non osava piú avvicinarsi a lei, che pareva sempre bella da far impazzire. Il suo colonnello, si rammentava lui, s’era ucciso per una a quel modo, una ragazza delicatina e modesta, che con un’occhiata sconvolgeva i cuori.

— Sto attento! sto attento! — rispondeva. — Ma in parola d’onore, non scopro mai nulla.

Correvano nondimeno storielle, anzi mille chiacchiere maligne, sotto tutto quel rispetto, quelle adulazioni, che Dionisia si sentiva intorno. Tutti ormai raccontavano che l’Hutin era stato il suo amante: non osavano giurare che se la intendessero sempre, ma sospettavano che, di quando in quando, si rivedessero. E il Deloche, anche il Deloche andava a letto con lei; si trovavano sempre nei cantucci piú oscuri, e chiacchieravano per ore intere. Un vero scandalo.

— Dunque, nulla quanto al capo delle sete, e nulla quanto a quell’altro delle trine? — riipeteva il Bourdoncle.

— No, nulla per ora! — affermava l’ispettore.

Il Bourdoncle sperava, sopra tutto, di cogliere Dionisia col Deloche.

Una mattina li aveva visti insieme nel sotterraneo, che ridevano. Ma, frattanto, trattava la ragazza come una potenza; non la disprezzava piú, sentendola tanto forte da poter fare mandar via lui, che aveva dieci anni di servizio, nel caso ch’ella vincesse la partita.

— Vi raccomando quel giovinotto delle trine! — concludeva ogni volta. — Stanno sempre insieme. Se vi riesce coglierli, chiamatemi, e al resto ci penso io.

Il Mouret viveva intanto in un’angoscia con-


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