Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/446


zola


Lui la stette a guardare, pochi secondi, immobile. Poi tranquillamente se ne andò. Ella, rimasta sola, pianse nel silenzio, davanti agli spilli seminati sulla «toilette» e per terra.

Quando il Mouret rientrò nel salottino non vi trovò che il Vallagnosc; il barone era tornato dalle signore. Sentendosi ancora commosso, si buttò a sedere in fondo alla stanza, sopra un canapè; e l’amico, vedendolo pallido, venne caritatevolmente a porglisi davanti per nasconderlo agli sguardi curiosi.

Da principio si guardarono, senza dir nulla; poi il Vallagnosc, che pareva dentro sé un po’ contento che il Mouret fosse turbato cosí, gli domandò con accento canzonatore:

— Ti diverti?

Il Mouret parve che, lí per lí, non capisse. Ma quando si fu rammentato le loro conversazioni d’una volta sulla stolta inutilità della vita, rispose:

— Ma sicuro! non ho mai vissuto tanto come ora!... Non mi canzonare, amico mio; quando si muore dal dolore, il tempo passa piú presto che mai.

Abbassò la voce, e continuò scherzosamente sotto le lacrime mal asciugate:

— Tanto, tu sai tutto, non è vero? m’hanno fra tutt’e due lacerato il cuore. Eppure, le ferite che m’han fatto sono quasi dolci come carezze. Sono stanco, non ne posso piú, ma non importa; non puoi credere quanto mi piaccia la vita! Oh, la vincerò prima o poi quella piccina che non vuol saperne di me!

Il Vallagnosc disse semplicemente:

— E dopo?

— Dopo? me la goderò! non basta?... Ti


444