Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/434


zola

tempo pensava ad effettuare il suo antico disegno, invadere l’intero isolato nel quale era il Paradiso, da via Monsigny a Via della Michodière, e da Via Nuova di Sant’Agostino a Via Dieci Dicembre. Su quest’ultima c’era ancora, nel gran quadrato, un vasto terreno che non era suo, e. ciò bastava a sciupargli il trionfo: era tormentato dal bisogno di compiere la sua conquista, d’innalzare là, come un’apoteosi, una facciata monumentale. Finché l’androne maggiore si trovava in Via Nuova di Sant’Agostino, in una strada buia della vecchia Parigi, l’opera non era né compiuta né logica: lo voleva mettere in mostra dinanzi alla nuova Parigi, sopra uno di quei viali nuovi, dove passava, sotto la luce del sole, la moltitudine del secolo presso alla fine: e già vedeva il nuovo edifizio ergersi e dominare come il palazzo gigantesco del commercio, gittando sulla città piú ombra dell’antico Louvre.

Ma fin allora aveva dato di cozzo contro la cocciutaggine del Credito Fondiario, che non voleva deporre la prima idea di costruire su quei terreni un grande albergo. I disegni eran già pronti; per cominciare i lavori non aspettavano se non che Via Dieci Dicembre fosse libera. Finalmente, con un ultimo sforzo, il Mouret aveva quasi convinto il barone Hartmann.

— Bene! — cominciò questi a dire. — S’è tenuta ieri un’adunanza e son venuto qua, pensando di vedervi perché desideravo tenervi al corrente... Seguitano a resistere.

Il Mouret ebbe una specie di moto nervoso.

— Han torto, torto marcio... Che dicono?

— Dio mio! dicono ciò che v’ho detto anche io, e che in fondo in fondo... La facciata non è se non un ornamento; il nuovo fabbricato non


432