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zola

gi, un giorno, se fossero riusciti a buttar giú il suo negozio, lo avrebbero potuto cacciar via da quella casina dove stava tanto bene, caldo caldo, tra la moglie e la figliuola. Per quanto nel profetare l’ultima rovina si mostrasse pieno di fede, in fondo era pieno di terrore; perché si accorgeva purtroppo che il quartiere poco era invaso, divorato.

— Tutto questo sia detto per la verità, non mica per dissuaderti, — ripigliò poi, cercando d’essere calmo. — Se ti pare d’andarci, sarò il primo a dire: vacci!

— Lo so, lo so, zio! — mormorò Dionisia, stordita da quei discorsi, e, per quello stesso appassionarsi dello zio, piú che mai desiderosa di entrare nel Paradiso delle signore.

Lo zio, con i gomiti sulla tavola, non le levava gli occhi d’addosso:

— Ma, guardiamo; tu te ne intendi; dimmi un po’ se ti pare cosa ragionevole che un semplice magazzino di novità si metta a vendere di tutto. Tempo fa, quando il commercio si faceva onestamente, le «novità» non erano che i tessuti, niente altro che i tessuti. Oggi le «novità» non fan che cacciarsi in quel dei vicini, e ingoiarsi tutto... Di questo si lamenta il quartiere, perché le botteghe piccole non sanno come fare a reggersi, cominciano a patire davvero. Quel Mouret le manda in rovina... Vedi, il Bédone e la sua sorella, che hanno una bottega di cuffie e berrette in Via Gaillon, han perduta di già la metà degli avventori. Dalla Tatin, che ha un negozio di biancheria nella galleria Choiseul, son costretti a ribassare i prezzi, a fare a chi dà la roba per meno. E le conseguenze di questo flagello, di questa peste, si fan sentire fino in Via


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