Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/409


il paradiso delle signore

sare rari passeggieri, sfiaccolati dalla noia soffocante d’una domenica estiva. Sul marciapiede di Via Nuova di Sant’Agostino, tre ragazzacce spettinate stavano sfacciatamente col viso ai vetri, cercando capire che mai significasse quel tramestio.

Quando Dionisia fu ritornata alle «confezioni» la signora Aurelia lasciò Margherita che contasse lei i vestiti: per il riscontro ci voleva calma e silenzio: e andò nelle stanze dei campioni portandosi dietro Dionisia:

— Venite con me... faremo il riscontro... e poi la somma.

Ma aveva lasciato l’uscio aperto per tener d’occhio le ragazze; e il chiasso era tale, che in fondo alla stanza non c’era verso di sentire ciò che uno diceva dalla parte opposta.

La stanza, larghissima, non aveva che qualche seggiola e tre lunghe tavole. In un canto, i grandi coltelli meccanici per tagliare i campioni: sotto quei coltelli passavano pezze intere di stoffa, ridotte a migliaia di rettangolini che poi si spedivano dappertutto; ce ne voleva per circa un ventimila franchi ogni anno. Dalla mattina alla sera i coltelli tagliavano, con un rumore di falci, seta, lana, tela; poi bisognava cucire o ingommare i campioni. Tra le due finestre c’era anche una piccola tipografia per i cartellini.

— Zitte un po’! — doveva ogni tanto gridare la signora Aurelia, non riuscendo a sentire Dionisia che leggeva la lista.

Quando i primi fogli furon finiti di riscontrare, la lasciò a una delle tavole, ingolfata nelle somme; e tornò quasi subito con la signorina di Fontenailles, di cui non avevano piú bisogno ai corredi.


407