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il paradiso delle signore

sotto il leggiero vapore che ondeggiava come il fumo azzurro delle sigarette. Alle finestre gli stoini non si movevano punto; ne tirarono su uno, e una striscia di sole traversò la sala e accese il soffitto.

Era tale il baccano, che la campanella da principio non fu sentita che da quelli vicini all’uscio. Si alzarono, e i corridoi furon pieni di gente che tornava al lavoro.

Per sottrarsi agli scherzi, che seguitavano a pungerlo, il Deloche era rimasto indietro. Perfino il Baugé uscí prima di lui; e il Baugé di solito era l’ultimo, cosí poteva tornare indietro e veder Paolina, mentre lei andava al refettorio delle donne. Eran rimasti d’accordo a quel modo, non avendone altro per dirsi una parola in tutta la giornata. Ma quella volta, proprio mentre si davano un bel bacio in un cantuccio dell’andito, capitò all’improvviso Dionisia, che andava anche lei, zoppicando, adagio adagio, a colazione.

— Oh! non dite nulla a nessuno, per carità! — disse Paolina fattasi di fuoco.

Il Baugé, grosso e alto com’era, tremava come un bambino, e soggiunse:

— Perché ci manderebbero via lí per lí... Lo sanno che fra poco saremo marito e moglie, ma quelle bestiacce non tollerano neppure un bacio!

Dionisia, dispiacente d’averli veduti, finse di non capire. E il Baugé se la dava a gambe, quando il Deloche comparve anche lui. Si volle scusare, e balbettò parole, che Dionisia non riusci subito a capire: poi, udendo rimproverare a Paolina d’aver chiacchierato davanti al Liénard, e vedendo Paolina impacciata nel rispondere, finalmente si rese conto di ciò che dalla mattina


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