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il paradiso delle signore

suno dei due aveva nominato, stringeva i pugni, e giurava che non avrebbe ceduto il suo posto, neppure se dovesse stare un anno senza vendere un ombrello. Il Baudu zitto scosse il capo, e traversò la strada per tornarsene a casa con le gambe che gli si piegavano, e ripetendo:

— Ah! mio Dio!... ah! mio Dio!

Dionisia, che aveva sentito tutto, tenne dietro allo zio. La signora Baudu tornava anche lei con Beppino, e disse che la signora Gras lo avrebbe preso quando volessero. Ma Gianni non si vedeva piú; e fu un gran pensiero per la sorella. Quando tornò, col viso animato, parlando del boulevard con ardore, lei lo guardò con tanta tristezza, che lo fece arrossire. Era arrivata intanto la loro valigia; avrebbero dormito nelle soffitte.

— A proposito, e il Vinçard? — domandò ad un tratto la signora Baudu.

Il negoziante raccontò il suo tentativo inutile; poi aggiunse che alla nipote le avevan proposto qualche altra cosa, stese il braccio verso il Paradiso delle signore, e con un gesto di disprezzo disse rabbiosamente:

— Là dentro!

Tutta la famiglia ne fu punta sul vivo. La sera, la prima tavolata era alle cinque. Dionisia e i ragazzi ripresero i posti della mattina col Baudu, Genoveffa e Colomban. Una siammella di gas illuminava e scaldava il salottino dove s’addensava l’odore delle vivande. La signora Baudu, che non ne poteva piú, venne via dalla bottega e si mise a sedere dietro alla nipote. E allora la tempesta repressa fin dalla mattina scoppiò, e tutti, nel dare addosso al mostro, si sfogarono.

— Quest’è un affare tuo e ci hai da pensare


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