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il paradiso delle signore


Il solo pensarci la invogliava.

— Ma perché? — rispose il Robineau meravigliato. — Sarebbe anzi una fortuna per la signorina... La consiglio di presentarsi domattina presto alla signora Aurelia, che è la direttrice. In fondo che ci rimette? Il peggio che le possa accadere è sentirsi dire di no.

Il negoziante, per nascondere la stizza che lo rodeva, si mise a far discorsi senza costrutto:

conosceva la signora Aurelia, o per lo meno il suo marito, il Lhomme, cassiere, un pezzo d’uomo che aveva perso un braccio sotto le ruote d’un omnibus. Poi tornando furbamente a Dionisia:

— D’altra parte è padrona lei... padrona di fare quel che le pare e piace.

E se n’andò, dopo aver salutato il Gaujean e il Robineau. Il Vinçard l’accompagnò fino all’uscio ripetendo:

— Quanto mi dispiace! ah, quanto mi dispiace! La ragazza era rimasta in mezzo al negozio, un po’ impaurita, un po’ smaniosa di avere dal commesso notizie piú compiute. Ma non osò domandarle, e salutò anch’essa dicendo soltanto:

— Grazie, signore!

Sul marciapiede il Baudu non volse la parola alla nipote. Camminava lesto lesto, costringendola a fare altrettanto, come immerso nei suoi pensieri. In via della Michodière stava per entrare in casa, quando un negoziante vicino, dritto sull’uscio della sua bottega, lo chiamò con un cenno. Dionisia si fermò per aspettarlo.

— Che c’è, babbo Bourras?... — domandò il Baudu.

Il Bourras era un bel vecchione, con una te-


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