Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/342


zola

Boves. — Non si capisce nemmen piú dove uno si trovi!

Ma non potevano rimanere tra le spinte della folla che entrava e usciva.

Il Jouve accorse, per fortuna, ad aiutarle. Se ne stava nell’entrata, grave, attento, squadrando ogni donna che passava: particolarmente addetto alla polizia interna, le ladre le sentiva all’odore; e teneva d’occhio sopra tutto le donne incinte, quando la febbre dei loro occhi lo insospettiva.

— La merceria? Laggiú, signore! — rispose cortesemente. — A sinistra, dietro le maglie.

La De Boves ringraziò. Ma la Marty, nel voltarsi, non si trovò piú accanto la Valentina, e già si spaventava, quando la vide assai piú in giú, in fondo alla sala di Via Sant’Agostino, tutt’assorta davanti a una tavola dove si mettevano in vendita ad alta voce cravatte da donna a novantacinque centesimi. Al Mouret piaceva pigliar cosí all’amo la cliente, e per votarle le tasche ogni espediente gli era buono: si burlava della discrezione di certuni, che vogliono che le merci invitino da sé il compratore. Degl’impiegati, adatti, parigini puro sangue, fannulloni e chiacchieroni, davan via cosí a balle la robuccia di scarto.

— Mamma, mamma! — esclamò Valentina — guarda che cravatte!... c’è da una parte un uccellino ricamato.

Il venditore seguitava a giurare ch’erano di tutta seta, che il fabbricante era fallito, che una occasione come quella non tornerebbe mai piú.

— Novantacinque centesimi! pare impossibile! — esclamò la Marty, sedotta come la figliuola. — Pigliamone due: non sarà mica una rovina!


340