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il paradiso delle signore

che avevo bisogno d’una stringa. Tant’è comprarla qui che in un altro posto, non è vero? Oh! non spendo un soldo, veh! Già, non ho nemmeno bisogno di nulla, ora...

Ma non levavano gli occhi dal portone: erano come prese e portate via dal vento della moltitudine.

— No no, io non entro; ho paura! — disse la De Boves. — Bianca, andiamocene; se no, qui ci stritolano.

Ma le mancava la voce; a poco a poco, ella cedeva al desiderio di entrare dove entravano tutti; e la paura andava dissolta in quella irresistibile curiosità. La Marty anche lei si lasciava trascinare. Badava a ripetere:

— Reggimi un po’ il vestito, Valentina... Ah! non ho mai vista una cosa come questa. Vi i portano di peso addirittura; non c’è bisogno di camminare. Immaginiamoci dentro!

Le signore, travolte dalla corrente, non potevano piú tornare indietro. Come i fiumi attirano le acque sparse in una valle, cosí pareva che il fiotto delle clienti trascorresse in mezzo all’atrio attraendo quelli che passavano e aspirando la gente d’ogni parte di Parigi.

Non andavano innanzi che adagio adagio, strette in modo da perderne il fiato, sorrette da spalle e ventri di cui sentivano il molle calore; e il desiderio soddisfatto godeva di quello strettume che sempre piú aguzzava la loro curiosità. Era una confusione di signore con l’abito di seta, borghesucce vestite poveramente, ragazze senza niente in capo, prese tutte dalla febbre medesima. Qua e là qualche uomo, quasi sommerso tra quelle gonnelle, si guardava attorno, non senza inquietudine. Una balia, proprio nel


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