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I Baudu, frattanto, sebbene non volessero cambiare nulla nel Vecchio Elbeuf, facevan di tutto per mantenersi i clienti; e poiché questi non venivano piú, si sforzavano di cercarli coi mezzani. C’era allora un mezzano, che, quando ci si metteva di buzzo buono, salvava non soltanto tutti i grandi sarti, ma anche le piú piccole botteghe di stoffe e flanelle. Naturalmente se lo leticavano, ed era quasi divenuto una persona importante. Il Baudu entrò in trattative con lui, ma ebbe il cruccio di vederselo accaparrare dal Matignon di Via della Croce. Due altri mezzani, uno dopo l’altro, lo derubarono; un terzo, ch’era onesto, non riusciva a far nulla. Era la morte lenta, senza scosse, un tallentarsi continuo degli affari, gli avventori perduti a uno a uno. Venne il giorno che le scadenze gli dettero gravi pensieri. Fin allora avevano tirato innanzi con ciò che avevano messo da parte; ora cominciavano i debiti. Nel dicembre, il Baudu, atterrito dalle cambiali che aveva firmate, si rassegnò al piú crudele dei sacrifizi che potesse fare: vendé la villa di Rambouillet. Non ne aveva mai tratto un soldo, quando l’aveva affittata; ma questa vendita ruppe il solo sogno della sua vita; il cuore gli sanguinava, come per la perdita d’una persona cara. Dové dare per sessantamila franchi ciò che a lui ne costava piú di duecentomila; ed ebbe anzi abbastanza fortuna nel trovare i Lhomme, che, avendo accanto i loro possessi, per il desiderio d’accrescerli, comprarono. Quei sessantamila franchi dovevano reggere il negozio un altro po’. Anche sotto quelle batoste, il pensiero della battaglia rinasceva; chi sa che ora, con un po’ piú d’ordine, non si potesse anche spuntarla!


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