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il paradiso delle signore

rio intenso di vita e di luce. Né, per quanto fosse buona di cuore, le riusciva mai di staccare gli occhi dal Paradiso delle signore, come se, avvezza a stare a banco, avesse ora bisogno di riscaldarsi in quell’ardore di negozi, in quello scambio continuo di danari e di merci.

— Quelli sí, che n’hanno degli avventori! — le scappò detto.

Ma vedendosi i Baudu accanto, le rincrebbe di essersi lasciata sfuggire quelle parole. La signora, che aveva finito di far colazione, stava lí dritta, bianca bianca, con gli occhi bianchi fissi sul mostro; e pur rassegnata, non poteva vederlo cosí dall’altra parte della strada senza che una muta disperazione le facesse gonsiare di lacrime gli occhi. Genoveffa intanto sorvegliava con inquietudine sempre maggiore il Colomban, che, non sapendo di essere spiato, stava in estasi con gli occhi fissi verso le ragazze che s’intravedevano, intente alla vendita, dietro i cristalli del mezzanino.

Il Baudu, pieno di bile, si contentò di dire:

— Non è tutt’oro quel che riluce! Pazienza!

La famiglia, si vedeva chiaramente, ringoiava l’ondata di rancori che le era salita alla gola.

Un pensiero d’amor proprio impediva che si mostrassero quali erano, a quei ragazzi arrivati proprio allora. Finalmente, il negoziante fece uno sforzo, e si rivoltò per togliersi alla vista della vendita di faccia.

— Bene, via! — riprese a dire — andiamo dal Vinçard; i posti sono braccati; domani, forse, non saremmo piú a tempo.

Ma, prima d’uscire, comandò al secondo commesso di andare alla stazione per la valigetta di Dionisia. Da parte sua la signora Baudu, cui la


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