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il paradiso delle signore |
re, domandaglielo, ciò che pensano loro dei tuoi amici.
Dionisia per contentarlo li interrogò.
— Io non posso amarli molto, cugina mia rispose Genoveffa. — Ma, state tranquilla, non tutti li detestano.
E guardava il Colomban, che faceva una pallina di pane, tutt’assorto. Quando si sentí addosso lo sguardo di lei, diede la stura alle maledizioni.
— Un sudiciume! Uno piú birbante dell’altro!...
— Sentite, sentite! — esclamava il Baudu contentissimo. — Eccone almeno uno che non riusciranno ad avere... Ma tu sei l’ultimo... Della tua pasta non se ne fanno piú.
Genoveffa, severa nel viso e dolente, non levava gli occhi di dosso al Colomban: gli penetrava nel cuore, ed egli si turbava e raddoppiava le ingiurie. La mamma, dinanzi a loro, li guardava inquieta, come se avesse indovinata un’altra disgrazia vicina. Da qualche tempo la pallidezza della figliuola la spaventava; se la sentiva morire.
— La bottega è sola... — disse alla fine, movendosi, per finire quella scena. — Colomban, guardate un po’; mi pare d’aver sentito gente.
Avevano finito e si alzarono. Il Baudu e il Colomban andarono a discorrere con un mezzano che veniva a sentire se volessero qualche cosa, la Baudu prese con sé Beppino per fargli veder le figure. La serva in un batter d’occhio ebbe sparecchiato, e Dionisia stava alla finestra senza pensare piú a nulla, guardando la corte, quando nel voltarsi vide Genoveffa, sempre al suo posto, con gli occhi fissi sull’incerato ancora
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