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il paradiso delle signore

voleva bene, bastava; gli dava intero, lei, il cuore e la vita. Qualche volta si sentiva che si baciavano nella retrobottega. A poco per volta le cose andavano piú regolarmente; ma ogni mese le perdite erano maggiori con una proporzione lenta che faceva apparire, sebbene lontana ancora, l’ultima rovina. Una speranza tenace li sorreggeva tuttavia; si annunziava sempre la prossima sconfitta del Paradiso.

— Insomma, — diceva lui — siamo giovani anche noi! E l’avvenire è nostro.

— E poi che importa? a me basta che tu abbia tentato a modo tuo! — rispondeva lei — Contento te, contenti tutti, amor mio!

Dionisia voleva sempre piú bene a quei due che si amavano tanto. Tremava per loro, sentiva che dovevano finire in rovina, ma non osava metterci bocca. Comprese allora intera la potenza del nuovo commercio, e si appassionò per quella forza che trasformava Parigi. I pensieri le si facevano piú maturi, una grazia donnesca si svolgeva in lei, che non era piú la selvaggia bambina arrivata da Valognes. Del resto, la vita sua era abbastanza lieta, per quanto fosse grande la fatica e poco il guadagno. Dopo aver passata la giornata intera al banco, le bisognava correre in fretta e furia a casa, per occuparsi di Beppino cui il Bourras, fortunatamente, si ostinava a dar da mangiare: ma c’era sempre o una camicia da lavare o un grembiulino da ricucire, senza mettere in conto il rumore che faceva il bambino e che le rompeva il capo. Non andava mai a letto prima di mezzanotte.

La domenica era giorno di battaglia; puliva la camera, e lavorava un po’ per sé, in modo che spesso fino alle cinque non poteva pensare a


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