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il paradiso delle signore

to da cinque o sei anni aveva telai suoi propri, e doveva ancora dare gran parte del lavoro ad operai cui forniva la materia prima e pagava un tanto al metro. Per ciò non aveva potuto combattere col Dumonteil quando s’era trattato della «Parigi-Paradiso». E non gli era ancora andata giú; lieto di scorgere ora nel Robineau l’uomo adatto a dar battaglia campale a quei bazar di novità ch’egli accusava di rovinare l’industria francese.

Quando Dionisia si presentò, trovò la signora Robineau sola.

Figliuola di un impiegato del genio civile, nel commercio non ci capiva niente, e, uscita da un convento di Chartres, aveva serbato una certa ingenuità graziosa da collegiale. Era di capelli nerissimi, carina, con una dolcezza allegra che la faceva subito simpatica: adorava il marito e non viveva che di quel suo amore. Mentre Dionisia stava per dirle chi era, il Robineau entrò. L’assunse senz’altro, perché il giorno innanzi gli s’era licenziata una delle due rache stavano da lui, e ch’era voluta andare al Paradiso delle signore.

— Non me ne lasciano una che sappia fare qualche cosa! — disse lui. — Finalmente con voi potrò vivere sicuro; perché siete come me, voi; non dovete volere un gran bene a quella gente là... Venite domani.

La sera, Dionisia penò molto ad annunziare al Bourras che aveva trovato lavoro. Il vecchio le diede dell’ingrata, andò sulle furie; poi, sentendola scusarsi con le lacrime agli occhi, e dire che la sua era stata una carità gradita, si commosse anche lui, disse ch’era una bugiarda, borbottò che invece ora egli aveva moltissimo la-


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