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si, diè un’occhiata rapida intorno; e, fuor di sé, oltrepassando la paterna familiarità, cercò di darle un bacio sul collo.

— Birbantella... bestiolina!... Con quei capelli, come si fa a essere tanto sciocca? Venite, stasera: si ride un po’.

Ora lei, piena di terrore, per quel viso ardente, di cui sentiva l’alito, pareva pazza. Di colpo gli diè uno spintone con tanta forza, che il Jouve barcollò e quasi cadde sulla tavola. Per fortuna c’era lí una seggiola; ma nell’urto, il vino che era rimasto in fondo a un bicchiere sprizzò fuori e gli macchiò la cravatta bianca, bagnando anche la decorazione. Rimase lí, senza nemmeno asciugarsi, soffocando dalla rabbia per tanta villania. Quell’uscita non se l’aspettava! Ci era andato tanto con le buone, e lei si rivoltava a quel modo!

— Non son io, se non te la faccio scontare!

Dionisia era scappata via. In quel punto sonava la campanella; e nella confusione, tremando ancora, non pensò piú al Robineau e ritornò alla sezione. Dopo non ebbe piú il coraggio di tornar giú.

La facciata dalla parte di Piazza Gaillon, esposta al sole, dopo mezzogiorno, ardeva addirittura; e nella sala del mezzanino, nonostante le tende di tela grigia, ci si scoppiava dal caldo. Vennero delle clienti, ma fecero sudare le ragazze senza comprar nulla. Tutte sbadigliavano sotto i grandi occhi sonnolenti della signora Aurelia. Finalmente, verso le tre, Dionisia, vedendo che la direttrice s’addormentava, prese l’uscio cheta cheta e si rimise a correre pel magazzino con aria spaventata. Per imbrogliare i curiosi che le potevano tener dietro con gli occhi, non scese


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