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il paradiso delle signore

la sala enorme dove regnava suo figlio. Non la finivano piú di ridere del pover’uomo che, rimettendosi da un momento all’altro, aveva cominciato con la sua sfacciataggine da meridionale a dir male di tutto e a sostenere che le ««novità » a quel modo sarebbero andate a finire su pei banchetti.

— Ecco il Robineau, sussurrò il capo della sezione. — L’avevo mandato a far certe compre per evitare qualche guaio che può nascere, purtroppo, da un momento all’altro... Scusatemi se ci torno su: ma le cose sono arrivate a tal punto, che un partito bisogna pigliarlo.

Il Robineau, che tornava di fuori, passò infatti per mettersi a tavola, e salutò.

Il Mouret si contentò di ripetere:

— Sta bene: si vedrà.

Se n’andarono. L’Hutin e il Favier li aspettavano ancora, ma quando non li videro piú ricomparire, si sfogarono. I direttori, dunque, volevano anche scendere cosí a contar loro ogni volta i bocconi? Sarebbe stato un bel lavoro, se nemmeno quando mangiavano avessero potuto avere un po’ di libertà. La verità era, che avevano visto ritornare il Robineau e il buon umore del padrone li metteva in dubbio sulla buona riuscita della battaglia incominciata. Abbassarono la voce, e studiarono nuovi modi per tormentare il Robineau.

— Ma io crepo! — continuò l’Hutin piú forte. — Quando si esce da tavola, s’ha piú fame di prima!

Aveva già mangiato due porzioni di conserva, la sua e quella che aveva avuto in cambio dello sformato.

— Oh! — disse a un tratto — io per me mi


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