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Mouret, non sapendo piú che dire, finse di mettersi a ridere. Ma, Dio santo! che uomo severo! non si poteva perdonare per una volta? era meglio chiamare la colpevole e farle una buona lavata di capo. La colpa, in fin dei conti, l’aveva il Robineau, che, pratico del magazzino, non avrebbe dovuto farsi complice, anzi avrebbe dovuto consigliarla bene.

— O questa? il padrone ride, ora! — disse il Favier meravigliato, mentre i tre ripassavano davanti l’uscio.

— Ah! perbacco! — proruppe l’Hutin, — se si ostinasse ad appiccicarci daccapo il Robineau, vedranno che scene!

Il Bourdoncle, sul punto di uscire dai gangheri, guardava in viso il Mouret; ma si contentò poi d’un gesto di disprezzo, come per dire che aveva capito il tiro, e ch’era una stupidaggine.

Il Bouthemont aveva ricominciate le lagnanze, i commessi minacciavano d’andarsene loro, e ce n’era degli eccellenti. Ma parve che piú d’ogni altra accusa facesse effetto quella che il Robineau se la intendeva col Gaujean; il quale, secondo la voce che correva, gli offriva crediti larghissimi, purché si stabilisse per conto proprio nel quartiere, e facesse la guerra al Paradiso delle signore. Rimasero zitti per un momento. Ah! dunque il Robineau voleva la battaglia? Il Mouret era divenuto serio; finse che non gliene importasse nulla, ed esitò a risolversi, come se la cosa avesse poca importanza: — Avrebbero veduto, gli avrebbero parlato. — E si mise a scherzare col Bouthemont, di cui il padre, giunto due giorni innanzi dalla botteguccia di Montpellier, aveva corso il rischio che gli venisse un accidente nel vedere, tra indignato e stupefatto,


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