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il paradiso delle signore

tredici ore di fatica ogni giorno, quei pezzi di giovanotti si sentivano cascar lo stomaco. Era robaccia, lo dicevano tutti; ma intanto strofinavano i piatti, cosí da levar la vernice. Quand’era stato messo su il magazzino, i commessi avevano un’ora per far colazione e potevano andar un caffè fuori; e perciò si sbrigavano a prendere in venti minuti per la furia di uscire. Ma la Direzione, notato che poi restavano distratti dalla vendita, aveva risoluto di non farli piú uscire; chi voleva il caffè doveva pagare lí tre soldi. Ed ora naturalmente non avevano furia e tiravano in lungo importando loro poco o punto di tornare nella sezione innanzi l’ora fissata. Molti, mentre ingollavano grossi bocconi, leggevano un giornale, piegato e appoggiato alla bottiglia. Altri, placata la prima fame, si mettevano a discorrere ad alta voce, tornando sempre ai discorsi medesimi, ciò che avevano guadagnato, ciò che avevan fatto la domenica passata, ciò che volevan fare la domenica prossima.

— Dite un po’, e il vostro Robineau? — domandò un commesso all’Hutin.

La battaglia di quelli delle sete contro l’«aiuto » dava da chiacchierare a tutte le sezioni. Ogni giorno fino a mezzanotte la cosa era dibattuta nel caffè San Rocco. L’Hutin, tutto affaticato a tagliare e rodere la sua porzione, si contentò di rispondere:

— Il Robineau è tornato.

E sfogandosi a un tratto:

— Ma Dio santo, m’hanno dato del ciuco a me invece che del manzo!... è una porcheria. In parola d’onore non si può andare avanti cosí: è una vera porcheria!

— Non vi lamentate tanto! — disse il Fa-


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