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zola |
— Sapete! la scarruffata ha un figliuolo! — disse una mattina Clara, subito che fu arrivata.
E scorgendo la meraviglia delle altre:
— L’ho veduta io ieri sera che se lo trascinava dietro... Lo deve nascondere in qualche posto.
Due giorni dopo, Margherita, tornando da desinare, diede un’altra notizia:
— Bel lavoro! ho visto l’amante della scarruffata... Figuratevi, è un operaio! un ragazzaccio tutto sudicio, con certi capelli gialli, che la guardava traverso i vetri.
Bastò perché tutte ne fossero sicure. Dionisia aveva per amante un manovale, e nascondeva un figliuolo nel quartiere. La flagellarono con maligne allusioni. La prima volta che capí, diventò pallida dinanzi alla mostruosità delle supposizioni. Era un’infame calunnia; volle render conto dei fatti suoi e balbettò:
— Ma sono i miei fratelli!
— Già, i fratelli! — disse Clara beffarda.
Bisognò che la signora Aurelia ci mettesse bocca:
— Zitte un po’! fareste meglio a mutare quei cartellini... La signorina Dionisia è padrona di portarsi male, fuori di qui. Basterebbe che qui lavorasse!
E quella secca difesa era una condanna. La giovinetta, sentendosi mancare il respiro come se l’avessero accusata d’un delitto, cercò vanamente di spiegare come stavan le cose. Le altre si mettevano a ridere e facevan spallucce, ed ella n’era ferita al cuore.
Il Deloche, quando quella voce si sparse, se ne sdegnò al punto che voleva pigliare a schiaffi tutte le ragazze delle «confezioni»; e non fu
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