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zola

alla sezione delle «confezioni»; in parola d’onore!

Le risa raddoppiarono. Paolina essa pure non ne poteva piú dal ridere, tanto quell’idea della levatrice le pareva buffa. Ma il Baugé si offendeva degli scherzi sull’innocenza del suo negozio. E a un tratto non si contenne piú:

Avete un bel dire, voialtri del Paradiso... Vi scaraventano via per una mezza parola! E poi quel padrone che pare tiri con gli uncini le clienti...!

L’Hutin non gli dava piú retta, e faceva dei grandi elogi del magazzino sulla Piazza Clichy. Lui ci conosceva una ragazza tanto per bene, che le signore non avevano il coraggio di rivolgersi a lei, per paura di umiliarla. Accostò quindi la seggiola e le posate, e raccontò come quella settimana aveva messo insieme centoquindici franchi: che settimana ch’era stata! Il Favier era rimasto sui cinquantadue franchi; l’ordine segnato nella lavagna era andato tutto a gambe all’aria. E si vedeva, non è vero? Era zeppo di quattrini, l’Hutin: prima di andare a letto li voleva aver finiti sino a un centesimo. Sempre piú ubriaco, si mise allora a dire del Robineau, quel bel tipo dell’aiuto che voleva star sempre sulle sue e per la strada non si degnava di camminare accanto a uno dei suoi commessi. Tiriamo via per il capo, per il Bouthemont, per esempio; un capo doveva serbare intera la sua autorità. Ma il Robineau! Lui! L’educazione c’eran tanti che gliela potevano insegnare!

— Zitto, zitto! — disse il Liénard. — Chiacchieri un po’ troppo, caro mio!

Il caldo cresceva sempre, le candele si struggevano e colavano sulle tovaglie macchiate di


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