Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/208


zola

cameriere se non portava dei liquori, subito, subitissimo.

— Questa sí ch’è una famiglia a modo! — riprese Paolina. — La mamma a Rambouillet, il babbo a Parigi, il figliuolo a Joinville! Cosí sono sicuri di non pestarsi i calli!

Dionisia, che odiava il frastuono, pur sorrideva, contenta di fuggire tra quel chiasso ai propri pensieri. Ma a un tratto nella stanza accanto ci fu un vocío che coprí ogni altro rumore. Urli, e poi schiaffi; si sentirono spintoni, seggiole andate per terra, una vera battaglia con le grida di dianzi:

— Abbasso i merciai!

— Abbasso gli sgobboni! abbasso!

E quando il vocione dell’oste ebbe calmata la zuffa, l’Hutin apparve. In camiciotto rosso, col berretto buttato all’indietro, teneva a braccetto la ragazza vestita di bianco, la timoniera, che portare i colori della lancia s’era ficcato un mazzo di papaveri sopra l’orecchio. Grida e applausi li accolsero; e lui era raggiante, e metteva il petto in fuori, dondolandosi al modo dei marinai, tutto contento d’un livido nero che un bel pugno gli aveva fatto sulla gota, perché cosí lo guardavano tutti. Veniva dietro a loro l’equipaggio. Una tavola fu presa d’assalto, il chiasso diventò terribile.

— Pare, — spiegò il Baugé, dopo aver ascoltati i discorsi che si facevano intorno a loro — pare che gli studenti abbiano riconosciuta quella donna ch’è con l’Hutin, una vecchia conoscenza del quartiere latino, che ora canta la sera in un caffè di Montmartre. E allora si son presi a pugni per lei... Gli studenti, si sa, non le pagano mai le donne!


206