Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/201


il paradiso delle signore

sciuto il primo amante in una di quelle passeggiate; sempre un amico capitato come per caso. E lei non ne voleva sapere.

— Via via! riprese Paolina — vi do parola che il Baugé non menerà nessuno. Saremo in tre soli. Non volete? Eh! nessuno vi darà marito!

Dionisia stava ancora in forse, ma la voglia di andare le faceva salire un’ondata di sangue alle gote. Da quando le compagne parlavano a quel modo di piaceri campestri, si sentiva soffocare, presa dal bisogno del cielo aperto, fantasticando erbe cosí alte ch’ella vi si tuffasse fino alle spalle, alberi giganti dei quali l’ombra le scendesse addosso come un’acqua fresca. La sua infanzia, passata nelle grasse e verdi praterie del Cotentin, si svegliava col rimpianto del sole.

— Ebbene, sia! disse alla fine.

Fissarono tutto. Il Baugé sarebbe venuto alle otto a pigliarle in Piazza Gaillon; di li andrebbero in legno alla Stazione per Vincennes. Dionisia che coi suoi venticinque franchi di stipendio al mese poteva appena pensare ai ragazzi, s’era contentata di rinfrescare il vestituccio di lana nera, guarnendolo con una stralicciatura di lanetta a quadrettini, e s’era fatta da sé un cappello con una forma a cappottina, coperta di seta, ravvivata da un nastro azzurro. Semplice a quel modo, aveva l’aspetto giovanissimo, un’aria di ragazzina cresciuta troppo alla lesta, d’una povertà pulita, un po’ vergognosa e imbarazzata dalla lussureggiante abbondanza dei suoi capelli che mettevano anche piú in mostra la semplicità del cappello.

Paolina, invece, si pavoneggiava nel suo vestito di seta da primavera a righine violette e bian-


199