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il paradiso delle signore

dei guanti; era l’amico di Alberto, e correva voce che facesse dei ribassi alle amanti inviategli da costui, delle ragazze senza cappello che stavano ore e ore a frugare nelle scatole; e poi c’era la storia di certi guanti di Svezia dati alla ragazza della «biancheria» di cui nessuno riuscí a capir nulla. Lo scandalo fu soffocato per riguardo alla direttrice delle «confezioni» che il Mouret stesso trattava con deferenza. Il Bourdoncle, otto giorni dopo, si contentò di mandar via con un pretesto qualsiasi la ragazza colpevole d’essersi lasciata abbracciare. Chiudevano gli occhi sul terribile sozzume di fuori, ma quei signori non tolleravano dentro il magazzino nemmeno una ragazzata.

Fu Dionisia che ne toccò. Per quanto sapesse come la cosa era andata, la signora Aurelia le serbò rancore: l’aveva vista una sera ridere con Paolina: ciò le era parso una sfida, credendo chiacchierassero sugli amori del suo figliuolo. Nella sezione tenne anche piú da parte la giovinetta. Era un pezzo che pensava di andare una domenica con tutte le ragazze in campagna vicino a Rambouillet, a Rigolles, dove aveva comprato un po’ di terra coi suoi primi centomila franchi messi da parte, e risolvette, a un tratto, di castigare Dionisia. Fu la sola ch’ella non invitasse. Fin da quindici giorni innanzi, la sezione non fece che discorrere della scampagnata; guardavano il tiepido cielo di maggio, spartivano già le ore della giornata, si promettevano tutti i piaceri, il latte, gli asini, il pane nero. E poi tra donne soltanto? questo si che era divertente! La signora Aurelia passava cosí quasi tutti i suoi giorni di vacanza andando a far passeggiate con delle altre donne; tanto poco


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