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a vivere della vita individuale con la improvvisa fiammata delle passioni che si ridestavano.

Dionisia vide, nonostante ciò, Alberto Lhomme, il figlio della direttrice, fare scivolare un bigliettino in mano ad una ragazza della biancheria, dopo esser passato su e giú piú volte con aria indifferente. S’era allora al tempo freddo, nella stagione morta che va da dicembre a febbraio; e Dionisia aveva finalmente un po’ di riposo; passava delle ore ritta con gli occhi perduti nella profondità del magazzino, ad aspettare le clienti.

Le ragazze delle «confezioni» se la intendevano un po’ di piú con i commessi delle trine, senza che la forzata intimità andasse piú oltre di certi scherzi scambiati a voce bassa. Alle trine c’era un «aiuto» che faceva sempre il chiasso e perseguitava Clara con dichiarazioni e confidenze abominevoli, soltanto per ridere un po’, senza che mai cercasse nemmeno di vederla fuori: e cosí da un banco all’altro i giovinotti e le ragazze si scambiavano occhiatine e parole che eran soli a capire; qualche volta chiacchieravano con l’aria sopra pensiero e volgendosi un po’ le spalle per non farsi scoprire dal terribile Bourdoncle. Circa al Deloche, egli per un pezzo si contentò di sorridere guardando Dionisia; poi si fece piú coraggio e ogni volta che s’imbatteva in lei le mormorava qualche parola da amico. Il giorno ch’ella si accorse che il figliuolo della signora Aurelia passava il bigliettino alla ragazza, il Deloche stava appunto domandandole se le aveva fatto buon pro la colazione, tanto per domandarle qualche cosa, e non riuscendo a trovare nulla di piú cortese. Anche lui vide quel fogliettino bianco: guardò Dionisia, e tutt’e due


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