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il paradiso delle signore

tanto era col pensiero lontano da quella famiglia che gli cascava sulle spalle.

— Oh! Siete qui? Siete qui, voi? O come mai siete qui? Oh, se eri a Valognes!... Come mai non siete a Valognes?

Con la voce dolce e un po’ tremante ella gli dové spiegare la cosa. Dopo la morte del padre, che aveva consumato tutto il suo nella tintoria, era rimasta lei a far da mamma ai due bambini. Quanto guadagnava dal Cornaille non le bastava per dar da mangiare a tutt’e tre. Gianni, è vero, lavorava da un ebanista, un restauratore di mobili antichi; ma non buscava un soldo. Nel lavorare, aveva preso gusto a quelle anticaglie, e intagliava figurine in legno; un giorno, anzi, che aveva trovato un pezzetto d’avorio, s’era divertito a fare una testa che un signore, nel passare, aveva veduta; ed era proprio quel signore che li aveva fatti risolvere ad andarsene da Valognes, avendo trovato a Parigi un posto per Gianni da un tornitore di avori.

— Capite, zio, Gianni entrerà domattina subito a fare il tirocinio dal suo nuovo padrone.

Non mi chiedono nulla; gli daranno da mangiare e da dormire... Cosí ho pensato che Beppino ed io ce la caveremo sempre a ogni modo. Tanto, piú disgraziati che a Valognes, non si può essere.

Ma si guardò bene dal dire della birichinata amorosa di Gianni, delle lettere scritte ad una signorina nobile della città, dei baci scambiati di sopra a un muro, un vero e proprio scandalo che l’aveva spinta ad andarsene. In fondo, accompagnava il fratello a Parigi per vegliare su lui, presa da terrori materni per quel ragaz-


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