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il paradiso delle signore

bene a qualcuno — riprese Dionisia con le gote rosse rosse.

Paolina non si poté piú contenere: diè in una risata e l’abbracciò di nuovo, dicendo:

— Ma, cara mia, da che ci si trova e ci si piace! Siete curiosa, sapete? Nessuno vi costringerà... Via! volete che domenica il Baugé ci porti a fare una scampagnata? Condurrà con sé un amico...

— No, no! — rispose Dionisia con la sua dolce cocciutaggine.

Allora Paolina non insisté piú. Ognuna era padrona di fare a modo suo. Se lei aveva detto qualcosa era stato solo per bontà di cuore, perché le dispiaceva di vedere una compagna in quello stato. E siccome stava per sonare mezzanotte, si alzò accomiatandosi. Ma prima costrinse Dionisia a prendere i sei franchi che le mancavano, e la supplicava di non darsene pensiero: glieli avrebbe resi quando avesse guadagnato di piú.

— Ed ora — aggiunse — spegnete il lume, cosí non si accorgono che uscio è quello che s’apre... Lo riaccenderete dopo.

Spento il lume, si strinsero la mano, e Paolina se n’andò piano piano e rientrò in camera sua senza altra traccia che il vago rumore dei suoi passi perdentisi nella profonda tenebra.

Avanti d’entrare a letto, Dionisia volle finire di rattoppare la scarpa e lavare quella sua roba.

Il freddo si faceva intenso, a mano a mano che la notte inoltrava. Ma lei non lo sentiva, tanto quella conversazione le faceva correre piú presto il sangue. Non che si fosse avuta per male delle parole della compagna; ciascuno, le pareva, finché fosse solo e libero sulla terra, era


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