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zola

ho ventisei e mezzo, per quanto non mi si diano... Raccontatemi un po’ i vostri affarucci.

Allora Dionisia cedé a quella amicizia che cosí apertamente le si offriva. Si mise a sedere in sottana, con un vecchio scialle annodato sulle spalle, accanto a Paolina tutta in ghingheri, e cominciarono subito le chiacchiere. Non c’era un gran caldo in quella stanza; il freddo pareva che venisse giú dai muri della soffitta, nudi come quelli di una prigione; ma erano tanto assorte nelle loro confidenze da non sentire nemmeno che le mani si aggranchivano dal gelo. A poco a poco Dionisia disse tutto, parlò di Gianni e di Beppino, raccontò com’era tormentata dal pensiero continuo del denaro. E cosí il di scorso cadde sulle ragazze delle «confezioni». Paolina cominciò a sfogarsi:

— Che canaglie! Capisco, capisco come fanno! Se fossero buone compagne, potreste guadagnarvi piú di cento franchi.

— Ce l’hanno tutti con me, a me non riesce capire perché — diceva Dionisia non ne potendo piú, e sentendosi venire i lucciconi. — Il Bourdoncle è lí sempre a spiarmi per vedere se gli riesce di mandarmi via, come se gli dessi noia!... Il Jouve soltanto...

L’altra interruppe:

— Scimmiotto d’un ispettore! Ah, piccina mia, non vi fidate... Gli uomini con un nasone a quel modo... Lui mette in mostra la decorazione, ma corre una certa storiella d’un fatto che gli sarebbe accaduto nella sezione della biancheria... Oh, come si fa a pigliarsela cosí? Che disgrazia essere sensibile a codesto modo! Dio santo! quel che avviene a voi, avviene a tutte: vi fanno pagare il noviziato.


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