Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/184


zola

ma subito dopo tavola se n’andava e non tornava che alle undici. Dionisia la sentiva andare incontrarla mai fuori che nelle a letto, senza ore del lavoro.

Quella notte Dionisia s’era rassegnata a fare un’altra volta da calzolaio. Aveva in mano le scarpe e le guardava e riguardava, per vedere se le riuscisse di portarle per un altro mese. Finalmente aveva risolto di ricucire con un ago grosso la suola che stava per staccarsi dalla tomaia. Un colletto e un paio di polsini stavano in quel mentre tuffati nella catinella piena di saponata.

Le undici erano suonate da dieci minuti, quando un rumore di passi le fece alzar la testa. Un’altra ragazza che tornava tardi! E riconobbe Paolina sentendola aprire l’uscio accanto. Ma non seppe che pensare: Paolina tornava indietro pian pianino, e picchiava alla sua porta:

— Lesta! son io!

Era proibito alle ragazze andare nelle camere l’una dell’altra. Dionisia aprí subito perché la sua vicina non fosse sorpresa dalla Cabin la quale vegliava a che il regolamento fosse rigorosamente rispettato.

— C’era?... — domandò nel richiudere..

— Chi? la Cabin! — disse Paolina. — Oh! di lei non ho proprio paura... Con cinque franchi...

Ed aggiunse:

— Ho visto il lume, ed è tanto che volevo discorrere con voi! Laggiú non si può mai... E poi stasera a tavola eravate tanto seria!

Dionisia la ringraziò e la pregò di mettersi a sedere; quell’aria di buona le faceva bene. Ma nel turbamento in cui la visita inaspettata la gittava, non aveva lasciata andare la scarpa che


182