Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/180


zola

Dionisia avrebbe sorriso se la domanda non l’avesse gettata in un’angoscia indicibile.

— Come, dieci franchi? — mormorò. — Che è accaduto?

Gianni si fece rosso e cominciò aveva trovata la sorella d’un suo compagno...

Ma Dionisia lo fece subito chetare, impacciata piú di lui, e non avendo davvero bisogno di sapere il resto. Già due altre volte era venuto di corsa a pregarla di simili prestiti; ma la prima volta si trattava soltanto d’un franco e venticin que, la seconda volta d’un franco e mezzo. Era inutile: ricascava sempre negli stessi imbrogli.

— Ma io dieci franchi non te li posso dare! — riprese Dionisia. — Ci ho ancora da pagare la mesata di Beppino, e ho i quattrini proprio per l’appunto. Mi rimarrà appena tanto da comprarmi gli stivaletti, e non ne posso fare a meno. Tu non ci pensi mica a queste cose, Gianni: e fai male, malissimo.

— Allora sono un uomo rovinato — ripeté Gianni con un gesto tragico. Sta’ a sentire, sorellina mia. È un bel pezzo di ragazza bruna; siamo andati al caffè col fratello, io credevo che pagassero loro...

Dové interromperlo un’altra volta; ma negli occhi gli apparivano lacrime in pelle in pelle, a quel suo caro scervellato, e le toccò tirar fuori il portamonete e cavarne una moneta da dieci franchi che gli fece scivolare in mano. Allora Gianni si mise a ridere:

— Lo sapevo io!... Ma ti do la parola d’onore che questa è l’ultima volta! Bisognerebbe essere troppo birbante!

E se n’andò di corsa, dopo averle appiccicati


178