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il paradiso delle signore

grosse trecce erano sempre un po' ribelli, ma almeno cercavano di contenersi. Dopo essersi addormentata vestita, la giovinetta, svegliatasi verso le quattro, s'era vergognata della sua commozione, s'era messa subito a restringersi il vestito, e aveva passato un'ora a pettinarsi senza riescire a ridurre i capelli come avrebbe voluto.

― Sia ringraziato Dio! ― mormorò il Mouret ― stamane state un po' meglio....Ma quei benedetti capelli, ancora...

S'era alzato, e andò a correggere la pettinatura di Dionisia con quel gesto stesso col quale la signora Aurelia ci si era provata il giorno innanzi.

― Ecco qui! tirateli un po' dietro l'orecchio...Il chignon è troppo alto.

Lei no napriva bozza, e lasciava fare. Per quanto si fosse proposta di esser forte, era giunta nello studio col freddo nelle vene, quasi certa che la chiamavano per licenziarla. E la patente benevolenza del Mouret non bastava a rassicurala, ché anzi continuava ad aver paura di lui e a sentire accanto a lui quel malessere ch'ella reputava turbamento naturale davanti all'uomo onnipotente dal quale ormai dipendeva la sua vita. Quando egli la vide così tremante sotto le sue mani che le sfioravano il capo, rimpianse quel primo moto di cortesia, perchè gli stava a cuore, prima di ogni altra cosa, non perdere la propria autorità.

― Insomma, signorina, ― riprese andando a sedersi di nuovo al tavolino ― cercate di stare sempre attenta al vestito. Non siete più a Valognes, studiate le nostre parigine...Se il nome dello zio è bastato per farvi accogliere, son certo che voi manterrete quello che il vostro aspet-


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