Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/172


zola

— Eh! Bourdoncle, — riprese a dire — lo vedete, sí o no, che la casa è troppo piccola? Si poteva vendere il doppio di roba!

Il Bourdoncle si faceva piccino piccino; contentissimo, del resto, d’aver avuto torto. Ma divennero di nuovo gravemente serii, quando videro passare il cassiere. Ogni sera il Lhomme, primo cassiere della vendita, radunava tutti gl’incassi di ciascuna sezione; fatta la somma, affiggeva un foglio dove era indicata la cifra totale, e poi andava su col danaro nel portafoglio o nei sacchi, secondo che fosse carta o moneta, alla cassa centrale. Quel giorno l’oro e l’argento sovrabbondavano, ed egli saliva lentamente la scala con tre sacchi enormi. Non avendo il braccio destro, che gli era stato tagliato alla spalla, li stringeva col sinistro contro il petto, e col mento ne reggeva uno perché non scivolasse. Il suo respiro grosso si sentiva da lontano; ed egli passava, schiacciato dal peso e pur superbo, tra i commessi rispettosi.

— Quanto? — domandò il Mouret.

— Ottantamila settecento quarantadue franchi e dieci centesimi! — rispose.

Un riso di gioia commosse tutto il Paradiso delle signore. La cifra passava di bocca in bocca. Era il piú cospicuo incasso che un negozio di novità avesse— mai fatto in un giorno solo.

E la sera, quando Dionisia salí per andare a dormire, doveva appoggiarsi alle divisioni dell’angusto corridoio, sotto lo zinco del tetto. Nella sua cameretta, chiuso l’uscio, si gettò sul letto, tanto i piedi le facevano male. Per un pezzo stette a guardare con un’aria stupidita la «toilette», l’armadio, tutta quella povertà di camera ammobiliata. Doveva dunque vivere lí; e la sua


170