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il paradiso delle signore

una parigina che ride della goffaggine d’una provinciale. Il Mouret sentí la carezza amorosa di quell’occhiata, il trionfo della donna contenta della sua bellezza e delle sue arti; e, per gratitudine d’uomo adorato, credé dover canzonare anche lui Dionisia, per quanto questa esercitasse un fascino segreto sulla sua indole d’uomo galante.

— E poi bisognerebbe che fosse pettinata — mormorò.

Fu finita. Il direttore si degnava sorridere, tutte le ragazze ruppero in uno scroscio di risa. Margherita finse di non poterne piú, da ragazza per bene che è costretta a rattenersi; Clara, per potersi sfogare a sua voglia, aveva lasciata andare una vendita; perfino delle ragazze della biancheria erano accorse al rumore. Le signore si divertivano piú discretamente, con aria di persone che san vivere e se la intendono tra loro: soltanto il profilo imperiale della signora Aurelia non rideva, come se i bei capelli selvaggi e le sottili spalle verginali della principiante l’avessero disonorata, facendo trovar da ridire sulla sua sezione. E Dionisia s’era fatta sempre piú pallida, in mezzo a tutta quella gente che la derideva. Si sentiva crudelmente oltraggiata, messa a nudo da quegli sguardi, senza nessuna difesa. Che cosa aveva fatto lei perché se la pigliassero tanto con la sua vita troppo sottile e coi capelli troppo folti?

Ma piú duramente soffriva, e il cuore le si accasciava in un dolore nuovo ed acuto per il sorriso della Desforges e del Mouret, indovinando istintivamente i loro rapporti; doveva essere molto cattiva quella signora, se dava noia cosí a una povera ragazza che non apriva bocca;


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